sabato 7 marzo 2009

Italia in crisi (1)

Probabilmente tra un pò vedremo anche in Italia quello che abbiamo già visto nel resto del mondo: banche che chiudono, licenziamenti in massa, chiusura di ospedali, scuole e università (per non parlare delle pensioni). In poche parole vedremo quello che è successo in Argentina. Il problema è che i bond argentini sono stati una fregatura. E i bond italiani? Si riuscirà a piazzarli sul mercato, come spera Tremonti? O l'asta andrà deserta e il Titanic Italia affonderà del tutto? Adesso si sta pubblicizzando il ritorno della grandi opere: ponte sullo stretto, fine dell'eterno cantiere sulla Salerno-Reggio Calabria più qualche altra autostrada. Non solo. L'economia non tira? Via libera alla costruzione di nuove case. Riempiamo ancora il suolo italiano di cemento, un suolo sul quale appena viene qualche goccia di acqua in più si scatenano frane e alluvioni. Per non parlare dei terremoti. Messina e Reggio furono completamente distrutte dal terremoto del 1908. E ora si vuole fare un ponte sospeso sopra lo stretto. Sarà in grado di resistere a terremoti al di sopra dell'ottava magnitudo (come fu quello del 1908) o crollerà come un castello di carte? E se sui cantieri ci metterà mano la mafia, non è che la costruzione del ponte durerà 100 anni, tempo nel quale si inventerà, nel frattempo, il teletrasporto? Non voglio ritornare alla ricetta di Mr. Spogli per far funzionare l'Italia. Credo che a questo punto la ricetta per migliorare le cose possa articolarsi solo in due vie:
1. Eliminazione dell'eccessivo peso burocratico e fiscale alle aziende. Le aziende devono essere libere di muoversi. Soprattutto, chi vuole iniziare un'attività, anche un semplice bar, basta carte bollate e ore perse per richieste di permessi. Non si potrebbe fare tutto in un'ora nell'apposito ufficio comunale?
2. Fare in modo che i soldi guadagnati dalle imprese, SE messi da parte per far funzionare l'attività, non vengano tassati. Occorre evitare anche la fuga di capitali all'estero e che i capitali rimangano in Italia per essere nuovamente usati in attività produttive. L'ideale è che ci sia un controllo dello stato sui conti usati dalle imprese, anche se, la storia dei conti dormienti in base alla quale lo stato può prelevare soldi dal conto corrente senza chiedere permessi ai proprietari lascia un pò di dubbi.

Occorrerebbe però capacità d'innovazione e inventiva. In altri termini, bisognerebbe smettere di fare cose che potrebbero fare anche operai del terzo mondo. Non a caso, nei paesi industriali le società che hanno fatto più progressi sono quelle erogatrici di servizi, come le società telefoniche, le compagnie di volo low-cost, le compagnie di spedizione ecc... Ad esempio, se l'altà velocità ferroviaria prende piede in Italia, converrebbe fin da ora investire su questa. L'idea non è tanto difficile: si construiscono infrastrutture (aeroporti, strade, ferrovie, porti) e poi si lascia ai privati il compito (in piena e libera concorrenza) di garantire i migliori servizi a prezzi più bassi. E questo si potrebbe fare anche in altri paesi. Ad esempio, i cinesi hanno chiesto ai tedeschi di costruire il treno ad alta velocità che collega Shangai all'aeroporto. Possiamo forse in Italia creare imprese che costruiscono infrastrutture ed erogano servizi anche in altri paesi? In questo modo non siamo più schiavi del frigorifero e dell'automobile per incrementare il nostro PIL. Per non parlare dell'energia. Obama sostiene che bisogna investire in forme pulite di energie. C'è qualcuno in Italia che si sta attrezzando per costruire pannelli solari che poi verrano venduti negli Sates?

Idee per uscire dalla crisi ce ne sono. Manca chi deve metterle in atto. Troppa fatica, troppa burocrazia e troppa poca lungimiranza della classe dirigente italiana. Intato Mister B. ha intascato 159 milioni di euro di divedendi dalle sue società. Che stia progettando una buonuscita in caso di aggravio della crisi?

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